Lecco, 1° aprile 2022
Carissmi,
no, non è un “PESCE D’APRILE”, una sorpresa che subito svanisce! Come speriamo non lo
sia la pioggia, riapparsa dopo una lunghissima attesa… e speriamo faccia giudizio, nel senso di
non fermarsi subito e nemmeno di fare una “dimostrazione” di forza a cui ci ha un po’ abituati di
questi tempi con comportamenti “estremi” e allagamenti frequenti…
Come se ciò dipendesse solo dalla pioggia! Da che mondo è mondo arriva, fa quel che deve fare e se ne va per ritornare
ancora purchè trovi la maniera di penetrare nel terreno e di scorrere senza tutti gli ostacoli che l’uomo le ha messo tra i
piedi!... Sicuro! Da bimbi ci si giocava, con l’acqua, e non succedeva niente; da grandi si crede di fare sul serio e… ci si
bagna, con spreco d’acqua e quant’altro; che se poi i grandi sono di quelli che “hanno il grilletto facile”, scoppiano le guerre e
ci vanno di mezzo tutti, specialmente i bambini.
Già, i bambini. Sono allucinanti le scene che la TV ci fa vedere e non aggiungo altro; mi basta far notare che per
tradizione i Felupes, quando fanno la guerra, allontanano donne e bambini e combattono tra adulti, e normalmente i cosiddetti
rifugi sono le stesse case: andare a incendiarle con la gente dentro, da sempre è considerato un crimine contro l’umanità! E i
cosiddetti civilizzati bombardano le case e sparano sulla folla! Non mi fermo di più su questa tragedia: tutti la qualificano di
“assurda” e vergognosa alle porte dell’Europa, ma era la stessa nel 94 per la guerra dei Balcani! A quanto pare l’Uomo più che
un animale, ragionevole alle volte è, più spesso, un animale che “dimentica”; e lasciamola lì.
Che dire della missione (di Suzana naturalmente)?
Ormai io frequento gli avvenimenti della missione “indirettamente”, cioè
non in presenza fisica, bensì attraverso i racconti di chi ha la fortuna di
parteciparvi. Per esempio oggi ho la gioia di annunziarvi che il 12 Marzo è stato
ordinato il nostro 7° prete, che è un Francescano, figlio di Albert e Bintu, una
coppia di catechisti di Katon, proprio il villaggio che dà il nome a questa nostra
letterina, una delle belle iniziative che il Padre Spartaco Marmugi ci ha lasciato in
eredità.
E’ avvenuto tutto tra di loro e questo “loro” lo dovrei scrivere con la iniziale
maiuscola, visto che si tratta della Chiesa che vive in Guinea Bissau e di una
parrocchia (Suzana) che per 52 anni ho avuto la grazia di servire e sembra sia
degna di rispetto, primo perché è Chiesa, secondo perché a partire dal 1969,
anno di nascita, vi sono fiorite e maturate ben 7 vocazioni sacerdotali e 7 di
suore; nel quale drappello ci sono preti diocesani, missionari di cui uno, p.
Gacinto Baliu Sibandihò si trova già sul campo in Gabon-Guinea Equatoriale; cui
seguono una mezza dozzina di seminaristi maggiori (in teologia) e di prossime
suore ancora in formazione.
Anch’io di fronte a tanta dovizia resto esterrefatto, garantito! ringrazio il Signore
“con la faccia per terra” e Lo prego di assisterli e confermarli e poi prego
soprattutto per i loro fratelli e sorelle perché sboccino tante famiglie cristiane che
sono il terreno buono in cui le vocazioni nascono e fioriscono. Purtroppo anche
qui dalle nostre parti la famiglia è in crisi per molti fattori, non ultimo il martellare
continuo delle ideologie “occidentali” veicolate a volte da organismi vari,
“infiltrati” in misura tale che finiscono per fare il contrario di quello
per cui sono sorti.
Ma torniamo al nostro prete novello… che è un frate, francescano
doc. E’ il primo di Katon, che è stato ospite appunto dei
Francescani mentre studiava al liceo di Canchungo, e non solo
ospite, ma anche lavoratore e, durante la guerra del ‘98/’99,
custode e guardiano della casa, che non venisse saccheggiata dai
vari belligeranti di passaggio.
Frate Luca, è il suo nome, era poco più che un ragazzo, essendo
nato nell’83, ma la presenza era come di uno che avesse qualche
anno in più e il coraggio non era da meno per cui, “a guerra finita,
missione compiuta”. Ma intanto era decollata un’altra “missione di
fiducia” ed è appunto quella che dallo Spirito Santo è affidata a chi
si lascia “arruolare”, risponde “si!” a Gesù che lo chiama, e non
guarda alla sua inadeguatezza, ma alla forza che lo Spirito Santo
gli dà attraverso il sacramento e la “compattezza” della comunità
cui appartiene; si tratta di “materiali” che si chiamano “amore” e
“carità” che ti portano a fare della tua vita un dono a Lui e ai
fratelli.
D’altra parte la comunità di Katon è quella cui padre Spartaco Marmugi ha dedicato gli ultimissimi anni della sua vita di
missionario, quella che gli è costata un volume di sofferenza tale che, al di là della malattia, gli ha dato il “colpo di grazia”. Un
esempio chiaro!
Anche i primi di quella comunità che nel Gennaio del ‘69 sono venuti a chiedere al padre di indicare loro il “cammino di Dio”si
sono subito imbattuti nello “scandalo della Croce”, prima ancora che potessero fare qualcosa che suonasse sospetto per gli
anziani del paese. Una autentica bufera, nella quale i Portoghesi, a corto di militari per le tre guerre coloniali che stavano
combattendo, volevano reclutare milizia “indigena” come si diceva allora, mentre gli anziani Felupe volevano servirsi della
forza militare portoghese per sbarrare la strada a quei giovani che tentavano di sottrarsi alla loro autorità, ormai anacronistica,
e volevano riuscirci senza macchiarsi le mani di sangue o roba del genere. Sia per gli uni che per gli altri la Missione Cattolica
era lì in mezzo, boccone oltremodo indigesto, tanto più che s’erano accorti che quella gente faceva sul serio.
Dall’una e dall’altra parte scattarono le rappresaglie. Primi gli anziani che toccarono subito sul vivo: nessuno doveva dare una
sua figlia in sposa a uno della Missione. Il Governatore non fu da meno e passò oltre i limiti proclamando che: nessuno della
“gente del padre” poteva costruire la casa nell’area che questi avevano sottratto alla foresta; che se la casa era già in piedi,
dovevano abbatterla. Bontà sua concedeva alcuni giorni per trasferire il riso che vi avevano immagazzinato. Quanto al
personale della missione, si guardasse bene dal mettere piede in Katon: qualora i padri si ostinassero a farlo, era tutto a loro
rischio e pericolo, lui non si responsabilizzava della loro incolumità: sapeva per certo che la popolazione di Katon non li voleva
più vedere. Inutile dire che via lui, la mattina dopo prima delle 7 ero già a Katon per la catechesi e la preghiera, ho girato tutto
il villaggio, ho salutato gli anziani e nessuno, come prevedevo, m’ha torto un capello. Però, sempre per ordine del Governatore
portoghese, i lavori già cominciati per la costruzione della cappella dovettero essere abbandonati, con proibizione assoluta per
la missione di Suzana di costruire qualsiasi cosa in qualsiasi villaggio,
Credo che anche solo da questo scorcio di vita delle missione che vi ho raccontato in sintesi, vi potete rendere conto della
tempra dei genitori di frate Luca e dei loro amici: la semente che il padre ha seminato era di quella buona, seminata bene; e
anche la “terra” che l’ha accolta era di ottima qualità.
Il rito dell’Ordinazione si è svolto a Bissau, in una delle parrocchie, diventando così una Ordinazione “di routine”. Se solo
immaginassero che cosa c’è dietro a questa che è la prima, dicesi prima Ordinazione in quella comunità! Ma noi siamo
specialisti a spianare tutto in un grigio anonimato, perdendo così autentiche lezioni che la storia, anche questa che è
autentica “storia sacra”, ci può dare. Comunque i cristiani felupes di Bissau si sono sfogati cantando a piena voce, e
ballandolo pure, il nostro “Au apàr au be nan-o-nan” (tu sei sacerdote per sempre): e chi li teneva?
La domenica seguente, prima S. Messa solenne a Katon, nell’ultima chiesa da me costruita di cui non mi hanno mandato
nessuna foto della gente all’esterno. Ma all’interno sì e anche lei ci fa la sua bella figura, diciamo che mi ha rappresentato. Si,
rappresentato solo, perché la presenza era (ed è) tutta un’altra cosa. Cioè? Mi direte. E io vi rispondo: ma voi ci credete nelle
parole che diciamo quasi alla fine del Credo? Quali? Orpo, mica sono paroline qualsiasi: Credo “… la comunione dei santi…”
Lo sapete che vuol dire? Che i santi fanno la Comunione? Ma no, se i santi sono quelli che stanno in paradiso, non hanno
bisogno di fare la Comunione, Gesù ce l’hanno lì con loro!
E allora? Di che santi si parla? I primi cristiani tra di loro si chiamavano “Santi”, cioè quelli che stanno “dalla parte di Dio” cioè
di Gesù, i fedeli, i fratelli nel Battesimo (vedete l’inizio della lettera di Paolo ai “santi” di Colosse). Anche noi? Si anche noi. E la
comunione? Vuol dire che siamo una cosa sola, condividiamo la stessa vita, che poi è quella che Gesù ci ha dato nel
Battesimo, la sua!
E basta? Dite poco? Un esempio: facciamo bene a portare i fiori sulle tombe dei nostri morti?
Altrocché, ci mancherebbe! Vuol dire che li ricordiamo con affetto, che gli siamo riconoscenti, che gli vogliamo bene. Ma così li
incontriamo davvero? Ma si, meglio ancora se preghiamo per loro. Ma dove li incontriamo per davvero è nella santa Messa,
nella quale ci siamo sempre tutti, ma proprio tutti: primo Gesù, insieme quelli di noi che, santi (cioè dalla parte di Gesù) su
questa terra, hanno continuato a stare con lui che li ha portati con sè in cielo.
Facciamoci caso: quando vai al cimitero l’incontro è tra un vivo, tu e un morto, il tuo caro defunto; alla Messa è tra un vivo, tu
e un VIVO, il Signore Gesù, risorto dai morti, con tutti quelli che hanno scelto di “stare dalla sua parte”, anche il tuo caro
defunto.
Questa cosa vale solo per i morti? E chi l’ha detto? Orpo se vale anche per i vivi, vale e come!
E’ così che sono stato presente a Katon alla prima Messa solenne di Frate Luca.
Spero di incontrarvi tante volte all’appuntamento con Gesù nella santa Messa.Ciao a tutti!!!
NOTIZIE DA KATON N.194 Aprile 2022