Patrice
Sono a Ejin, dove ho detto la prima delle tre messe che diró questa domenica. Finita la Messa c'é gente che mi vuole parlare e
quindi mi accomodo nel mio solennissimo studio: tre metri per tre e mezzo, pareti di fango, dentro c'é letto, tavolino, armadietto
pensile, filtro dell'acqua, fornello a spirito, formiche e altri insetti vari e...il sottoscritto.
Sono venuti parecchi da Ehlalab, un villaggio che dista 45 minuti a piedi, da percorrere sugli argini del fiume: vi sta nascendo, tra
molte difficoltà, una comunità di autentici "poveri", perseguitati in tutti i modi. Tra di loro c'é Kauressul, non ancora catecumeno,
cui pochi giorni fa é morto un bambino, Patrice, di 5-6 anni: l'unico maschietto che aveva. Io ero assente da Suzana per un
servizio in Diocesi: un ritiro per i catechisti. Ora é la prima volta che ci vediamo dopo d'allora.
Kauressul mi descrive per filo e per segno la malattia del bambino, quasi giorno per giorno. Poi continua: "Era ormai sera e mi
dice: 'Papà, mi sa che devo proprio morire sai'. Gli rispondo: 'Vediamo, forse si può fare ancora qualcosa, o forse no; forse devi
proprio andare, sarà quel che Dio vorrà". Poi continua: "Era ormai notte fonda. Ad un certo punto il bambino mi chiama e mi dice:
'Tirami fuori Gesù'. Si riferiva alla medaglia che aveva. Gliela dò e se la mette al collo. Poi mi dice: 'Dami i sandali'. 'Perchè vuoi i
sandali? ' gli chiedo. Mi dice: 'Ma come, non capisci? Io devo andare da Gesù, muoio; portami i sandali'. Gli porto i sandali e
glieli metto ai piedi. Passa un po' di tempo, poi mi dice: 'Adesso ti canto una canzone' e comincia il canto dell'anno santo, uno
degli ultimi canti che ha imparato: Aprite le porte, spalancate le vostre case, ecco la Redenzione è vicina... e quando é arrivato
qui alle parole 'la Redenzione è vicina' si é fermato ed ha taciuto.
L'ho guardato: era morto. E' morto cantando queste parole... Poi il
primo gallo ha cantato...".
Piangevo: le lacrime agli occhi e un groviglio di sentimenti in cuore. Patrice é
morto cantando il mio ultimo canto, si è presentato davanti a Gesù con la sua
innocenza, ma consapevole di ciò che stava succedendo, con la lucidità e la
maturità che solo un momento terribile e vero come quello può dare...
Mi riprende quel senso come di paura, che è responsabilità e coscienza di essere
di fronte al mistero e di dovere io, così incapace e limitato, dare ai miei fratelli
mezzi di espressione per comunicare con questo mistero. Entrerà anche questo
nella grandezza di quel sacerdozio cui Cristo mi ha chiamato? Sarà proprio
questo che mi dà questo senso di vertigine, come una finestra aperta sull'infinito?
Ho davanti agli occhi quel bambino e suo padre che mi racconta. A Ehlalab c'è
stato chi ha riso di lui, lo hanno canzonato perchè lui ha preso il cammino del
bianco e gli spiriti lo hanno punito prendendogli l'unico figlio maschio, ma lui
questo me l'ha appena accennato: quello che gli premeva di dire era il resto.
Io come Gli andrò incontro? Con tutti i canti che ho fatto, voglio proprio vedere se
non me ne viene nemmeno uno in quel momento! Però me lo devo meritare. Vuol
dire che chiederò l'aiuto di Patrice: una mano me la dovrebbe dare per farmi
arrivare dove é arrivato lui.