Basikuai
Di ritorno a Suzana il sabato 9 Ottobre 2005, la domenica vado a Ejin a dire la Messa. Non ci sono casi di colera, ma non c'è
nessuno di Ehlalab: ogni villaggio resta dove si trova e nessuno dei villaggio infetti si deve muovere. Il pomeriggio andrò io a far
loro visita.
Intanto, dopo la messa, parlo con Anna, la vedova di Basikuai, che è venuta a Messa a Ejin, visto che ormai il colera a Jihunk è
finito da più settimane. Chiedo come è morto Basikuai e lei mi dice che s'è dato da fare fino all'ultimo, nonostante i dolori, perché
si era in tempo di pioggia e in tempo di pioggia non si può perdere tempo: è il tempo in cui si coltiva, per raccogliere da
mangiare per il resto dell'anno.
Il racconto di Anna mi commuove, e, mentre lei parla,mi "rivedo" Basikuai e il suo percorso.
Basikuai non era una cima, non era un lider e lo sapeva. Aveva avuto qualche esperienza infelice di matrimonio in passato,
prima di accorgersi che c'era anche il "cammino di Gesù": la prima moglie se ne era andata di casa, dietro a "partiti" migliori, e
così anche una seconda, che aveva "ereditato" da altri. Finalmente l'incontro con Anna, anche lei ripudiata più di una volta e poi,
per tutti e due, l'incontro con il "cammino di Gesù".
Quando Basikuai venne a dirmi che voleva venire alla catechesi e mi raccontò la sua storia, ringraziai il Signore che rivela i suoi
misteri ai piccoli e gli dissi di parlarne a sua moglie: se Dio voleva, sarebbero venuti insieme. E così fu.
Era da parecchi anni che andavo a Jihunk per la catechesi e il gruppo ancora non dava segni di volersi impegnare seriamente.
Erano diverse famiglie, con cui avevo cominciato a incontrarmi ancora nel 1973. Ora eravamo nell'ottanta e io continuavo ad
andare a Jihunk, via fiume, in barca, anche se le prospettive della nascita di una comunità erano lontane.Nell'0ttanta ci furono i
primi battesimi di Ejin, il villaggio prima di Jihunk, venendo da Suzana, e, subito dopo, l'incontro con Basikuai.
Interessante anche il nome: io lo scrissi così come lui me lo diceva, ma non avevo idea di che cosa volesse dire in Felup. Glielo domandai, e
lui mi disse che non era un nome felup, ma un nome cristiano. Per quanto mi spremessi le meningi, non riuscivo a ricordare un nome che gli
somigliasse, finché lui mi disse che era anche il nome di una festa. Ci credereste? Si trattava di Pasqua, pronunciato Pasikua! Gli feci notare
che avrebbe dovuto pronunciarlo in modo diverso, ma lui mi guardò, mi sorrise socchiudendo quella sua bocca lunga lunga, caratteristica, e
mi disse: "Io non ce la faccio a pronunciarlo a quella maniera lì, però il nome mi piace, Basikuai".
E Basikuai restò, scritto proprio come lo pronunciava lui, poi, vicino, ci mettemmo anche un bel Pascoal e lui ne fu tutto contento.
Un semplice, proprio. Se avevamo un incontro di formazione per animatori di comunità, lui non mancava, c'era sempre. Seguiva attentamente,
anche se quasi sempre, dopo una prima spiegazione, scuoteva la testa e diceva: "Io non ho capito, dillo un'altra volta", tant'è che anche i
colleghi, a lungo andare, lo prendevano in giro, benevolmente, ma alle volte qualcuno anche si spazientiva. Ma lui voleva capire.
E quando poi tornava a Jihunk, non stava zitto. Redarguiva i colleghi che non si decidevano, dopo tanti anni, a scegliere il cammino di Gesù
con decisione. Ma i colleghi erano più vecchi di lui e quindi lui doveva stare zitto, secondo le tradizioni locali. Lui non ci stava e me lo veniva a
dire. Mi diceva che lo stavano isolando, e sorrideva perché, diceva, lui voleva aiutarli lo stesso, e poi era successo così anche a Gesù….
A Pasqua del 95 fu battezzato, con la moglie e i figli. Con loro fu battezzata anche un'altra famiglia, che aveva cominciato a venire alla
catechesi ancora nel 1974. Naturalmente alcuni che si trovarono ad essere "sorpassati" da lui non gliela perdonarono e cominciarono
un'opposizione sorda nei suoi confronti.
Ma lui non si scomponeva. Aveva questo di bello: era umile, domandava ai suoi padrini e a me cosa poteva e cosa non poteva fare come
cristiano, e obbediva, voleva essere sicuro di stare sulla strada giusta.
Nel 99 ci fu la grande prova, nei confronti del villaggio. Tutto il gruppo si lasciò trascinare dal villaggio in pratiche del cosidetto "cammino
vecchio", pratiche tradizionali che le nostre comunità cristiane hanno giudicato incompatibili con il cammino di Gesù, almeno così come sono
realizzate fino ad ora. Lui no, lui non cedette, resistette da solo, sbeffeggiato dai compagni, specialmente da quelli del gruppo. Le altre nostre
comunità lo appoggiarono per non lasciarlo isolato. Pregò, si confidò, sempre con quel suo
sorriso caratteristico.
Passò la buriana e lui continuò, serenamente, a vedere come si potevano recuperare gli
"sbandati", che però non accettavano di essere aiutati da lui.
Nel 2004 cominciò ad accusare dolori alla schiena. Andava a curarsi a Yuto, una missione
appena al di là del confine con il Senegal. Andava e veniva; alle volte restava là qualche giorno.
Ma sempre ere fedele alla Messa a Ejin, la domenica. Se non veniva era perché andava a
messa a Yuto … o perché proprio non ce la faceva.
E Anna continuava il suo racconto: dopo che io sono partito, Basikuai è peggiorato. Dal villaggio
c'era gente che lo veniva a trovare in casa; dei vicini uno solo si è fatto vivo.
Quando è morto, preghiera del funerale l'ha diretta Augusto, il figlio maggiore. Al funerale è
venuto tutto il villaggio, proprio tutto, anche se Basikuai ormai era l'unico che aveva lasciato
davvero il cammino del villaggio per prendere il cammino di Gesù. Prima di seppellirlo, uno del
villaggio, Sibessihúp, chiede di parlare e dice: "Questo è un uomo che ha fatto del bene.
Quando uno qualsiasi di noi si ammalava, Basikuai era lì da lui, si interessava, andava anche
fino a Suzana a prendergli le medicine. Se uno aveva il bambino malato, Basikuai arrivava in
casa e faceva lo stesso. Davvero stiamo seppellendo un uomo che per noi è stato come un
padre…". E il villaggio intero ascoltava e assentiva: era proprio così.
Io ascolto la vedova, Anna, che mi racconta questo e mi si riempiono gli occhi di lacrime, ma nel
mio cuore ringrazio il Signore, che ha donato alla nostra chiesa un cristiano come Basikuai.
Cosa si poteva dire di più bello di un cristiano? Ha praticato l'umiltà, la fede, la carità, senza
metterla giù dura. Uno degli "ultimi" che sono diventati "primi", così, semplicemente, senza dare
nell'occhio…