Ambona
Demba e Ambona, due amici inseparabili. Insieme hanno cominciato a
frequentare la scuoletta della missione e insieme si sono interessati dei due
bianchi arrivati a Suzana, due padri missionari: li osservavano per tutto quanto
dicevano e facevano.
Ambona portava il nome di un guerriero, l'eroe nazionale di Suzana, quello che
nella guerra con Sabutule aveva vinto il duello con Buhâmul regalando alla sua
gente la vittoria che l'ha salvata dalla distruzione.
Ma il nostro Ambona non era un guerrafondaio, tutt'altro! Calmo, riflessivo, non
perdeva una parola del padre quando spiegava il catechismo e raccontava di
Gesù. E poi sapeva ripetere quanto il padre aveva detto, magari aggiungendovi
del suo.
Era a lui che i compagni si rivolgevano quando avevano dimenticato qualcosa e
lui glielo rammentava, sicuro, ed era raro che si sbagliasse. Era un po'
l'"intellettuale" della compagnia.
Lavoratore, come il suo amico Demba, ma sapeva far rendere il lavoro per
trovare qualche pausa per riflettere. E pregare.
A differenza di Demba non si tirava indietro quando si trattava di parlare in
pubblico di spiegare il catechismo a gruppi anche grandi di persone. Il suo parlare calmo,
continuo, convinto ti coinvolgeva. E poi, parlando di quanto Gesà diceva e faceva, alle volte
accompagnava il suo patlare con gli occhi che gli brillavano e un sorriso accennato sulle
labbra come se contemplasse quanto stava narrando. Di sicuro lo gustava. Un narratore nato.
Un catechista spontaneo. E prezioso.
Demba sfondava. Ambona rifiniva e tutti e due etano innamorati di Gesù e della "loro" chiesa.
Un lungo cammino percorso insieme con il padre, padre Spartaco Marmugi del PIME, e tanta ostilità da parte degli anziani del villaggio.
Ambona aveva intuito che per seguire Gesù più da vicino bisognva essere battezati, ma il padre ancora non parlava di battesimo per loro e gli
anni passavano.
Il padre aveva ragione quando gli diceva: "La tua ragazza ancora non ha sentito una sola parola di catchismo: come fai a sapere se sarà
d'accordo con te e con le tue scelte?". La sua Jinokorut non sapeva niente di Gesù e lui non gliene poteva parlare. Le leggi felupes in materia
erano feree: non potevano incontrarsi da soli, ci doveva essere sempre qualche adulto insieme. E Ambona non voleva far ricadere anche su
Jinokorut l'ostilità aperta degli anziani e le rappresaglie che avevano cominciato a mettere in atto da quando non erano più ragazzotti, ma
giovani ormai cresciuti e vicini al matrimonio.
Il padre gli aveva detto di andare avanti, di costruire la casa e di sposare: poi le cose sarebbero diventate più facili. Così fece. Una volta in
casa con Jinokorut, poteva parlarle di Gesù senza la presenza incomoda di estranei: ormai erano marito emoglie e per di più nella loro casa.
Jinokorut aveva la testa dura e ci metteva troppo tempo, secodo lui, a capire. E lui a ripetere, con pazienza. Poi arrivó Adriano, di Elia. Era
figlio del capo di quel villaggio di Baiotes, cugini dei Felupes e i padri lo avevano mandato a scuola a Bafatà dove avevano un collegio e dove
i ragazzi scelti e inviati dai missionari, potevano prepararsi ad essere aiutanti catechisti. Il padre lo incaricò di fare il catechismo a domicilio, a
casa di Ambona, di Demba, di Bu|ire e degli altri del loro gruppo.
Nacque il primo figlio. Chiese al padre di battezzarlo, voleva metterlo nelle mani di Gesù e Jinokorut era d'accordo. Il padre acconsentì. E il
piccolo Antonio fu battezzato. Ambona era raggiante: Gesù era entrato nella loro casa! La catechesi si intensificò ... e nacque la bambina che
chiamarono Giuliana. Anche la bambina fu battezata.
Gli anziani del villaggio si allarmarono. Anche Demba aveva fatto battezzare i suoi bambini. Ormai era chiro che tutto quel gruppo sfuggiva
loro di mano. Bisognava dargli una lezione, impedire loro di continuare...
La persecuzione si intensificò. Dovevano vigilare i loro bambini per tirmore che fossero avvelenati. Gli insulti erano all'ordine del giorno. Le
donne insultavano le loro moglii. Composero canzoni per prenderli in giro anche di fronte agli altri villaggi in occasione delle feste. E
passarono a vie di fatto: alcuni di loro furono battuti e nessuno fiatò. Allora li bastonarono pubblicamente.
A questo punto il padre ricorse al rappresentante del governo, che a quei tempi era ancora portoghese. Non chiese mlla contro gli anziani,
solo protezione per quelle giovani famiglie che, magari avrebbero potuto trasferisi in altra zona del villaggio dove, insieme, potevano essere
più al sicuo. Il rappresentante del governo indicò al padre una striscia di terreno tra la missione e il campo d'aviazione: era dello Stato e lì
poteva mettere i suoi cristiani.
Non era la soluzione migliore, ma come provvisoria poteva andare bene.
E quei giovani capi-famiglia si sobbarcarono a un ulteriore anno di lavoro per cotruirsi la nuova casa. Ma il villaggio non dormiva. Ecco allora
le vari minacce, tra le altre una terribile: "Se andate ad abitare in quel luogo, che è maledetto, i vostri bambini moriranno e non ne nasceranno
altri!".
Ambona non sapeva più che fare, la prova era tremenda Vedeva Jinokorut terrorizzata, ma anche lui aveva paura. Aveva paura per i suoi
bambini. Pregava appassionatamente, piangendo: "Signore, non lasciar morire i miei due bambini. Piuttosto prendili per te, ma non lasciarli
morire!"
Chiese con insistenza il battesimo e il padre promise che dentro non molto lo avrebbero ricevuto: aspettava l'arrivo di un padre giovane che
l'avrebbe aiutato a portare avanti la loro chiesa nascente, a quel punto non mancava più nulla: solo entrare nelle case che stavano
costruendo.
Intensificarono il lavoro e, prima delle grandi piogge, traslocarono. Ma Jinokorut non accettava di venire nella casa nuova: aveva paura per i
bambini. Ambona non sapeva più che fare per convincerla. Lo disse al padre. Il quale giocò d'astuzia. Me lo raccontò lui stesso, state a
sentire.
Un bel giorno incontra Jinokorut, la prende a parte e le dice: "Sai, Jinokorut, c'è una donna del villaggio di Eossor che mi ha affidato un
messaggio per Ambona. Non volevo darglielo prima di avertelo detto, tu capisci."
Era tutta una bufala, ma bastó. Jinokorut radunò le sue carabattole in fretta e furia e raggiunse Ambona nella casa nuova.
Fu allora che anch'io arrivai a Suzana e imparai a conoscre queste persone, protagonisti di una storia meravigliosa.
Ricordo alcuni episodi particolari che riguardano Ambona.
Quando proposi a p. Marmugi di cominciare a comporre canti per la liturgia in lingua Felup, Ambona, interpellato dal padre, come suo solito
non mandò a dire ciò che pensava: "La nostra lingua non si presta per canti di chiesa". Ci voleva ben altro per fermarci. Nacque il primo
canto, poi il secondo, poi il terzo e Ambona venne a dirci che si era ricreduto. Non solo. Qualche anno dopo la morte di p. Marmugi, con Fratel
Renato, mio nuovo collaboratore, decidemmo di preparare l'occorrente per celebrare tutti i riti della liturgia della Settimana Santa. Un sacco di
lavoro per traduzioni da fare e, soprattutto, per comporre canti che davvero aiutassero a vivere momenti lturgici tanto importanti. Ricordo che
per primo composi i cosiddetti "improperi": "Popolo mio, che cosa ti ho fatto? In che cosa ti ho contristato, rispondimi. Ecc."
Ne venne un canto, a mio giudizio accorato, intenso. Ma doveva passare al vaglio loro erché fosse davvero valido. Lo registrai, più volte di
seguito. Suonai la campana per la catechesi in cui avremmo spiegato i riti che volevamo introdurre. Ambona arrivò per primo e si sedette sul
marciapiede in cemento fuori della chiesa. Prima di andare in casa per una rapida cena, accesi il registratore e lo lasciai funzionare in chiesa.
Poi mi avviai verso casa, Con la coda dell'occhio vidi che Ambona entrava in chiesa, forse attratto dal canto. Poco dopo, mentre cenavo,
arriva lui e mi dice: "Vieni a far funzionare ancora il registratore: si prega così bene con quel canto!" Aveva centrato il messaggio.
Era un entusiasta, braccio destro di p. Marmugi per le catechesi nei vari villaggi che via via si presentavno per chiedere il "cammino di Dio".
Aveva cercato di frequentare la scuola, ma l'insegnamento era ad un livello poco più che nullo; nemmeno la frequenza era facile, vista la
quantità dei lavori che doveva svolgere, eppure la Parola di Dio la fissava con una facilità sorprendente e la riproponva con fedeltà .Non c'è
villaggio in cui non sia andato almeno per qualche tempo per portare il messaggio del vangelo. Cominciando da casa sua.
Un giorno gli chiesi se potevo partecipare alla preghiera della sera in casa sua e scelsi la era di una domenica.
Rimasi impressionato per come sapeva coinvolgere i nove figli (la più piccina aveva allora meno di tre anni) nella preghiera e di come,
insieme, ricostruirono le letture della Messa, tra le quali il Vangelo fece la parte del leone. E quando si trattò di proporre intenzioni per la
preghiera comune, anche la più piccina fu sollecitata e, con l'aiuto di mamma e papà, se la cavó egregiamente.
Col passare degli anni, i due figli maggiori, Antonio e Giuliana, Gesù se li orese sul serio: Antonio entrò in semiario e fu ordinato prete, il
secondo della nostra missione; e Giuliana divenne suora francescana, la prima suora della nostra missione. Quando si dice: la fede!....
Intanto Ambona e Jinokorut continuarono il loro impegno in comunità: anche Jinokorut si cimentò col servizio di catechista, anche se, più che
spiegare, dava consigli pratici. E preziosi.
Insieme offrivano la loro testimonianza di sposi e genitori crisriani nei vari corsi che organizzavamo a Suzana a servizio di tutta la diocesi.
Ricordo quella volta che un gruppo di catecumeni di un'altra missione faceva difficoltà ad accettare il matrimonio indissolubile, per tutta la vita
e facevano un mucchio di obiezioni. Al che io mi rivolgo ad Ambona e Jinokorut e dico: "Volete rispondere voi?". Ne ero sicuro, perchè si
vedeva Ambona che aveva una voglia matta di rispondere. Parte in quarta e dice le sue rgioni, poi Jinokorut lo ferma e gli dice: "Adesso lasci
parlare me" e attacca: "Io ringrazio Gesù perché mio marito mi ha sposato in chiesa. Lui sa che io non lo lascerò mai, anche se sarà malato e
questa non è una grande novità perché anche molte mie compagne non cristiane fanno così. Ma anch'io so che lui mi vuol bene sul serio e
non mi abbandonerà mai, anche se sarò diventata uno straccio" si volta verso il marito e dice: ",è vero Ambona?".
Non dimenticherò mai quella scena: Ambona che guardava Jinokorut e annuiva sorridendo e il sorriso soddisfatto di Jinokorut, che valeva
mille catechesi.